Elezioni della Comunità, potenza della legge truffa
È noto e ampiamente riconosciuto come la legge regionale maggioritaria che regola l’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale nei comuni al di sotto dei 3.000 abitanti in Trentino abbia generato guasti democratici di gran lunga superiori ai benefici conseguiti in termini di governabilità e stabilità amministrativa. Sono anni che l’aria è diventata irrespirabile in diversi municipi, dove i sindaci eletti direttamente (magari rappresentando molto meno della metà degli elettori) spadroneggiano umiliando le minoranze consiliari, forti della maggioranza “automatica” di due terzi dei membri del Consiglio e della sovrapposizione con la carica di Presidente del Consiglio comunale.
Il dibattito ed il pubblico confronto su molte scelte effettuate dalle amministrazioni “per il bene della comunità” sono diventate concessioni discrezionali del Sindaco, per il quale troppo spesso la priorità vera è quella di portare a soddisfazione i bisogni di quella sola maggioranza (relativa o assoluta che sia) che gli garantirà la rielezione. Anche nelle compagini “governative” convivono però malumori, soprattutto tra i consiglieri non promossi alla ricca carica di assessore, chiamati di sovente a manifestare acriticamente la loro fedeltà al capo.
Non è un mistero che su queste basi si siano potute costruire le supremazie valligiane del “partito territoriale” del Presidente della provincia, che alzando e abbassando le mangiatoie ove si nutre il consenso, nonché assicurando progressioni di carriera politica verso Trento, ha “lasciato che i sindaci venissero a lui”.
Perseverare però è diabolico, e la riforma istituzionale che pretende di trasformare il governo dell’autonomia del Trentino (L.P. 16 giugno 2006, n.3) rinforza di fatto la dittatura delle maggioranze, attribuendo un fattore moltiplicatore alla “truffa” già insita nel sistema elettorale comunale.
Per fare un esempio l’Assemblea della Comunità di Primiero (restiamo qui, visto che siamo i primi e i più bravi) verrà eletta in gennaio, per i due terzi, da e tra i consiglieri comunali delle 8 municipalità, che assommano a 120 membri. I sindaci saranno membri di diritto dell’Assemblea, e godendo di elettorato attivo, potranno da soli determinare l’elezione di un membro aggiuntivo in virtù del quorum proporzionale di 7,5 voti per eletto (120/16 = 7,5). In ogni caso le rispettive maggioranze di riferimento assommano a 85 consiglieri, che “valgono” 11/12 seggi, mentre alle minoranze ne spetterebbero 4/5. Totale: 19 a 5 nel migliore dei casi per le minoranze, alias premio di maggioranza all’80%.
Analizzando nello specifico le storture di questo sistema si vede come nel comune di Tonadico (1.413 ab. nel 2001), dove in presenza di tre liste il sindaco è risultato eletto nel 2004 con il 45% dei voti, le minoranze consigliari che rappresentano la maggioranza della popolazione non avranno congiuntamente i numeri per portare in Assemblea un loro rappresentante. Di converso il comune di Sagron Mis (207 ab. nel 2001), per ovvie ragioni dimensionali senza minoranza, oltre al membro di diritto dispone di 15 grandi elettori e quindi di due ulteriori membri nell’Assemblea.
Si potrà dire che questi calcoli sono pretenziosi, che il rivendicare rappresentanze municipali per le minoranze è bieco campanilismo retrogrado, che la “santa alleanza” dei sindaci non è scontata sebbene essi facciano tutti parte del club paraistituzionale denominato “Conferenza”, che a contare saranno le persone e le loro capacità intellettuali e politiche, che la necessità di assicurare rappresentanza di genere spariglierà un poco le carte, che se vogliono i partiti provinciali possono uscire allo scoperto, spacchettare le liste civiche, mandare in crisi giunte, far rinunciare a prebende e andare alla conta.
Ma pare non crederci nessuno, visti anche i richiami all’unità del plenipotenziario locale cons. prov. Marco Depaoli e le manovre del vicepresidente del Comprensorio Luigi Zortea che mirano a costituire un listone unico con garanzia di 3 eletti per le minoranze, possibilmente scelti da lui.
Siamo dunque all’occupazione totale e preventiva della Comunità da parte del sistema di potere costituito, ben al di là della reale rappresentatività di una linea politica di centrosinistra premiata dalle elezioni provinciali ma non, per sua e per nostra fortuna, assoluta!
E se i cittadini non allineati di Primiero avessero qualcosa da dire, magari chiedere alla collettività con un referendum quello che i loro rappresentanti municipali non hanno avuto il coraggio di realizzare, ovvero la celere transizione all’elezione diretta dell’Assemblea della comunità? Non si potrebbe… per la consultazione referendaria ci vogliono 1.000 firme di elettori (in proporzione, è come se in Italia ce ne volessero 6 milioni anziché 500.000), l’approvazione di 2/3 dell’Assemblea [dove i 4/5 sono garantiti a quelli a cui va bene così] e poi, amici miei, non è materia ammessa.
Bene così, in un Trentino berlusconizzato anche senza Berlusconi.
Daniele Gubert
Consigliere comunale di Tonadico