La Comunità è morta, viva la comunità!
“Il parlamentino di Primiero”, il luogo della democrazia partecipata, la casa delle istanze dei territori e delle risposte ai bisogni dei cittadini, il laboratorio di visioni di futuro, di mediazioni alte e non particolaristiche… questa doveva essere l’Assemblea della Comunità di Primiero, eletta per i tre quinti a suffragio universale e composta da otto membri in rappresentanza dei rispettivi consigli comunali.
A poco più di metà mandato, è triste constatarlo, non rimane che un cumulo di macerie. Espulsioni, dimissioni, astensioni, de-legittimazioni, rincalzi procrastinati… la storia degli organi della Comunità è un bollettino di guerra, e sui superstiti regna pesante un clima di impotenza e disimpegno.
Orde di architetti delle istituzioni si affrettano ad attribuire i cedimenti al progetto strutturale dell’ente intermedio sovraimposto, che andrebbe aggiustato di qua e di là, tralasciando le responsabilità politiche e individuali connesse a questa ennesima opportunità perduta.
In primo luogo l’occupazione partitocratica delle Comunità di Valle voluta da Trento e accarezzata da redivivi cortigiani locali… a contare non sono le idee o il merito, ma la fedeltà a capi e formazioni “divisive” per loro stessa natura. Le quali, in un territorio piccolo e variegato come il nostro, tendono a produrre ulteriore entropia tra i già infiniti livelli decisionali e interessi contrapposti presenti.
Sulla “devolution” il Principato promette e non mantiene… dà un colpo al cerchio ed uno alla botte, la burocrazia gioca il catenaccio, e tanti saluti al nuovo e decantato e pluripremiato protagonismo autonomistico delle periferie.
Assistiamo poi da anni a relazioni idiosincratiche tra Comuni e Comunità, con manifesta incapacità delle figure apicali di interpretare prospettive di cambiamento e di corresponsabilità verso un bene comune: se i sindaci si dividono tra baroni rampanti e cavalieri inesistenti, il presidente è un visconte dimezzato, incapace di scegliere tra bene e male, di gestire le conflittualità, di raccogliere a fattor comune i “fenomeni” della Comunità.
L’ente funziona, per carità… eroga servizi, spende con voluttà, si legittima con paccate di protocolli, tavoli e sottotavoli, si autocompiace negli specchi della comunicazione. Ma è una bella senz’anima, e la gente per strada continua a chiedere a cosa serve.
Secondo noi doveva servire a gettare le basi per l’unificazione dei Comuni, essere la palestra in cui imparare a pensare insieme, lavorare insieme, decidere insieme per obiettivi e vantaggi condivisi.
Per fortuna quest’ispirazione “unionista” sopravvive all’istituzione ed ai suoi sterili sacerdoti, è un patrimonio della comunità delle persone, delle attività, dei territori… è un’opzione culturale e politica che può rispondere con rifiorita energia alle sfide della crisi in atto.
Ri-cominciamo allora tutti da “primierotti”; da quello che siamo, da quello che abbiamo, da quello che vogliamo… le forme organizzative, le strutture amministrative pubbliche non sono che strumenti imperfetti che abbiamo il dovere di innovare, consapevoli della realtà che ci circonda, avendo finalmente imparato a co-operare e “fare sistema”.
Daniele Gubert, Primiero
OTTIMO